9 NOVEMBRE. WIR SIND MIGRANTEN. NOI SIAMO MIGRANTI

Per Pietro Nenni, "Un fatto, anche il più modesto, conta più di una montagna di ipotesi".
Molti tra gli episodi che hanno cambiato la storia hanno avuto origine da mere casualità, da avvenimenti imprevisti o da fatti apparentemente modesti.
Nell'autunno del 1989, in piena era gorbacioviana, la DDR si apprestava a festeggiare il 40° anniversario della sua fondazione, dispiegando la liturgia solenne che accomunava i paesi appartenenti al blocco dell'est europeo, che peraltro era già entrato in una crisi senza ritorno.
Anche se già nell'estate i segnali di profondo malessere dei tedeschi dell'est erano stati chiari, nessuno avrebbe immaginato che la situazione nella cosiddetta Prussia rossa precipitasse con tale rapidità e fragore proprio nei giorni dei festeggiamenti.


Verso la fine di ottobre, mentre da Lipsia a Rostow passando per Dresda, le proteste di piazza andavano moltiplindosi di popolazione e di rabbia, Erich Honecker l'ottuso tiranno di Pankow, nel corso di un brindisi alla presenza di uno sconcertato Gorbaciov, affermò che: "Il Muro esisterà ancora fra cinquanta e anche fra cento anni, fino a quando le ragioni della sua esistenza non saranno venute meno".
Poche ore dopo i disperati membri del Politburo della Sed (il partito comunista della DDR), consapevoli della voragine in cui stava precipitando lo stato, sollevarono da tutti gli incarichi il delirante segretario, nell'intento, che a posteriori apparve velleitario, di mettere una pezza ad una situazione che stava sfuggendo loro di mano.
Dopo non avere partecipato, per un imprevisto, al quotidiano incontro con il neosegretario Egon Krenz allo scopo di manipolare le notizie da comunicare alla stampa, nel pomeriggio del 9 novembre, il portavoce Gunther Schabowski si recò tranquillamente al quotidiano e routinario brief con la stampa internazionale per annunciare genericamente che i cittadini della DDR potevano chiedere dei nuovi “permessi speciali” per entrare in Germania Ovest. Alla domanda "Quando?" entrò nel panico e rispose "Per quel che ne so anche subito". Senza volerlo, accese la miccia che fece cadere il Muro. Dopo poche ore una marea umana si riversò al checkpoint di Berlino di Bornholmer Strasse, costringendo i famigerati Vopos, rimasti senza ordini, ad aprire i confini, provocando un effetto domino in tutta l'Europa Orientale.
L'infame infrastruttura della vergogna che imprigionò entro confini fittizi milioni di tedeschi, che tenne separate per 40 anni decine di migliaiai di persone, che provocò un numero di morti esorbitante andò giù come un castello di carte e con essa un sistema politico repressivo e brutale.
A quasi trent'anni di distanza la lezione dell'inutilità e della ignominia di quel muro e della sua imprevista e fragorosa caduta pare che in pochi l'abbiano compresa.
I muri alzati per dividere le persone e i popoli presto o tardi sono destinati a cadere. Soprattutto quelli che si erigono per limitare o impedire con la violenza e la sopraffazione la libera circolazione di esseri umani che fuggono da guerre, persecuzioni o dalla fame. Lo dovrà capire l'ungherese Viktor Orbàn, e se non lo capirà da solo (probabile) ci sarà uno Schabowski qualunque che glielo farà capire. Lo dovrà capire Donald Trump. Perchè, si spera, che glielo faranno capire i democratici in maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, impedendo la costruzione del muro tra Usa e Messico, che il Tycoon tanto desidera. Lo dovranno capire coloro i quali progettano un'Europa isolata magari attraverso la costruzione di un muro al confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina, infine lo dovrà capire, Matteo Salvini (e con lui il suo complice Luigi Di Maio) che oggi gongola per l'approvazione del Senato del suo infame decreto sicurezza ma che presto dovrà fare i conti con una realtà che è molto diversa da quella che lui e i suoi spacciano per buona.
La spinta di migliaia di persone che vogliono entrare in Europa non si attenuerà e le politiche di non accoglienza e di respingimento che si vogliono praticare in Italia presto o tardi, come muri virtuali, crolleranno, perchè parafrasando Honecker "le ragioni della loro esistenza sono già venute meno".
Nell'anniversario della caduta del Muro di Berlino, evento che cambiò l'Europa e il mondo è doveroso ricordare LA POTENTE PROPOSIZIONE CHE JOHN FITZGERALD KENNEDY l nel 1963 pronunciò nella Berlino divisa e che, nella sua semplicità divenne la parola d'ordine dei tanti che si opposero all'esistenza di quel Moloch contemporaneo.
Oggi di fronte alle spinte impetuose e all'affermazione di dottrine e pratiche autoritarie, xenofobe e razziste, mutatis mutandi è doveroso, per chi a quelle dottrine si oppone dire chiaro e forte: "Wir sind Migranten". Noi siamo migranti.
Emanuele Pecheux