MIDTERM. TESTA A TESTA TRA REPUBBLICANI E DEMOCRATICI

La misura dell'importanza che negli States si attribuisce alla prossime elezioni di Midterm di martedì 6 novembre la offrono due dati che, da soli, fotografano il livello di partecipazione e di coinvolgimento mai visti prima d'ora.
Con il voto anticipato si sono già espressi quasi 32 milioni di elettori e, ad oggi, sono già stati spesi per la campagna elettorale 5 miliardi di dollari, con un incremento del 35% sul 2014.
Per tutti gli osservatori la partita che si gioca sarà decisiva per stabilire se Trump e il trumpismo saranno un fenomeno durevole o se, al contrario, il presidente e la sua politica aggressiva ne usciranno ridimensionati, con una verosimile prospettiva di rapido declino.


Non è che i sondaggi della vigilia sul tema aiutino molto. Il vantaggio dei democratici per l'elezione dei 435 membri della Camera dei Rappresentanti (al Senato sembra certo che il GOP manterrà la maggioranza), eroso nelle ultime settimne dall'iperattivismo di The Donald (che si spara non meno di due comizi al giorno) si aggira, su scala nazionale, attorno ai 7 punti percentuali(50% contro il 43% del GOP).
Tuttavia codesto potrebbe rivelarsi un dato ingannevole poichè il sistema elettorale americano (maggioritario) prevede il confronto tra candidati nei singoli collegi dove "the winner take it all" e almeno 60 di essi sono dati incertissimi, "still too close to call" come si usa definire i testa a testa.
Non è un caso che i dem, a corto di competitor mediatici, abbiano fatto ricorso al carisma di Obama per ingaggiare battaglia nell'ultima parte della campagna elettorale.
L'ex presidente, al pari di Trump si è gettato nella tenzone con molta energia, non risparmiando attacchi molto duri nei confronti del suo successore alla Casa Bianca sostenendo che in gioco vi sono i principi e i valori fondanti degli Usa e confutando con molta enfasi e con argomenti di una certa solidità la tesi che il merito della crescita economica non sia da attribuirsi a Trump (che ne mena vanto) poichè, secondo Obama la crescita economica del Paese ha avuto inizio nell' ultimo biennio del suo mandato.
L'esito delle elezioni avrà un effetto interno immediato. Se i dem riusciranno a conquistare la maggioranza alla Camera e a vincere un cogruo numero di Governatori nei 36 stati dove si rinnova la massima carica, il colpo per Trump sarà durissimo, perchè diventerà "anatra zoppa" al primo mandato con un sensibile restringimento della possibiltà di dispiegare la sua politica aggressiva e muscolare, gli architravi su cui poggia la sua mission.
Una sconfittà del Tycoon, capofila delle destre nazionaliste e xenofobe, del simbolo del sovranismo potrebbe avere una ricaduta anche al di qua dell'Oceano Atlantico, dove peraltro già si avvertono scricchiolii nei rapporti tra le forze che hanno come collante il suprematismo nazionalista e che stentano a trovare, com'è normale che sia, un idem sentire dul piano europeo.
In caso di tenuta, o addirittura di vittoria di Trump nel Midterm l'effetto sarebbe l'inasprirsi e il dilatarsi nel tempo dei confitti diplomatici e commerciali tra Usa e Resto del mondo che causerebbero un ulteriore declino dell'Unione Europea che sarebbe colpita dall'onda d'urto dell'affermazione di politiche economiche ancora più isolazionistiche e da una politica estera che prevede scopertamente il suo bypass.
Una vittoria dem avrebbe se non altro l'effetto di rallentare ed imbrigliare un simile processo.
Mai le le elezioni di Midterm del colosso a stelle e strisce hanno avuto pari importanza per il futuro del pianeta ed è palpabile non solo l'interesse ma ance l'ansia che si è impadronita dei sostenitori di entrambi gli schieramenti.