Roma, Liceo Righi: il racconto di Sami Modiano, uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz

Avevo otto anni quando il maestro mi chiamò alla cattedra, pensavo volesse interrogarmi. E invece, amareggiato, mi disse: "Sami Modiano, sei espulso della scuola". Chiedendo spiegazioni, il maestro mi asciugò le lacrime e mi disse: "No, tu non hai fatto nulla di male, vai a casa e te lo spiegherà papà". Questo è il racconto drammatico, di uno degli ultimi sopravvissuti ad Auschwitz a cui hanno assistito i ragazzi del primo e secondo anno del Liceo Augusto Righi. Sami, che a 12 anni aveva perso la mamma malata di cuore, vedrà morire ad Auschwitz-Birkenau la sorella Lucia, più grande di lui di tre anni, e papà Giacobbe. Sopravviverà fino all'arrivo dei soldati russi dell'Armata Rossa, la mattina del 27 gennaio 1945. Per decenni Sami rimuove quella tragedia, non ne parla, non la racconta. Finché, una quindicina di anni fa, coi primi "viaggi della memoria", capisce perché lui ce l'ha fatta. E lo ripete sempre: «È come se chi è scomparso mi dicesse: "Sami, sei sopravvissuto a quell'inferno per raccontare la nostra storia"». Ed è quello che, a 88 anni, Sami continua a fare, come oggi qui in un liceo romano, per rinnovare la memoria e contrastare i germi dell'intolleranza e del razzismo. Che in Italia cominciò con l'espulsione di tutti gli ebrei dalla vita pubblica. La situazione per gli ebrei di Rodi precipita dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, quando l'isola italiana rimane senza ordini e i nazisti occupano l'isola perché ne intuiscono il valore strategico. Ricorda inoltre il sopravvissuto, quando i tedeschi con l'inganno ci rinchiudono in una ex caserma italiana. "È un semplice controllo dei documenti, portatevi un fagotto con un po' di vestiti e di cibo. E tutti gli oggetti di valore. Sarà un viaggio per portarvi a lavorare". Mai avremmo potuto immaginare i campi di sterminio.