L'ANSIA DI GIGGINO

Il video postato da Di Maio e Di Battista dai campi di sci è, a dire poco, patetico.


Non tanto e non solo per le idiozie che il vicepremier riesce a sparare in meno di un minuto quanto dall'osservazione dei volti sorridenti dei due dioscuri del grillismo. Di Battista sfodera il solito sorriso mefistofelico che da sempre accompagna il suo minaccioso eloquio, Di Maio il solito sorriso ebete che accompagna i suoi proclami quasi sempre smentiti dai fatti. I due si sono ritrovati dopo qualche mese, a causa dell'assenza volontaria del Dibba in giro per il mondo a far danni (pare che la prossima tappa sia il Congo), verosimilmente per approntare una strategia in vista delle europee in considerazione del fatto che i sondaggi segnalano una costante e sensibile decrescita delle intenzioni di voto con cui il MoVimento, dopo un anno di governo, anche in ragione delle tante chiacchiere e pochi fatti concreti, si trova a dovere fare i conti.
Cosa poteva e doveva promettere agli italiani il Ministro per lo sviluppo economico e del lavoro? Ad esempio la risoluzione delle tante vertenze di cui dovrebbe occuparsi che riguardano migliaia di lavoratori e le loro famiglie, o un piano per il rilancio dei comparti più in difficoltà delle attività produttive.
Di Maio ha scelto la strada più semplice (anche perchè su temi più impegnativi ha già dimostrato una devastante incapacità e incompetenza) tornando a battere il chiodo sui tagli all'odiata casta, argomento che, se ve ne fosse la necessità, offre la cifra dell'avversione del grillismo verso la democrazia parlametare, dimostrata con l'iter della legge di bilancio e l'espulsione dei parlamentari colpevoli di non avere obbedito ai suoi ordini.
A stretto giro Salvini gli ha risposto picche. Non se ne parla. Non è nel contratto di governo.
Il capo leghista ha mille e un difetto ma di certo non è uno sprovveduto. Sa benissimo che chiedere ai parlamentari della Lega di votare una legge per decurtarsi l'indennità equivale a tagliare il ramo dell'albero su cui è seduto.
Probabilmente l'aria rarefatta dell'alta montagna ha tirato un brutto scherzo all'ansioso Giggino che nell'intento di avviare la campagna elettorale ha potuto saggiare che il tempo della corresponsione di amorosi sensi con Salvini è finito.
(E.P.)