NO. NON E' HALLOWEEN

Il ballo di un estate. Tanto è durato lo psicodramma (o la farsa?) legato al Def e alla legge di stabilità, tra proclami, manfrine, minacce, insulti all'Europa, brutte figure in serie.
Da ieri, dopo la pubblicazione del rating italiano di S&P su cui non si capisce cosa ci fosse da esultare (vero Di Maio?), abbiamo la certezza che le tonitruanti invettive di Salvini, le patetiche rassicurazioni di Conte, le acrobazie matematiche di Tria, gli apocalittici scenari attribuiti al cospiratore Savona, altro non erano che un canovaccio da commedia dell'arte concepito per tirare il collo ad una campagna elettorale che pareva non dovesse mai finire per i contraenti il "contratto di governo".
La finanziaria del popolo che avrebbe dovuto dare la plastica immagine della svolta, appare oggi, alla luce di quanto si è appreso relativamente alla modifiche in corso d'opera, un documento piccolo piccolo, pieno di stralci e rinvii, svuotato delle parti che avrebbero dovuto esserne il presupposto politico e finanziario.


Probabilmente qualcuno deve avere spiegato in lingua italiana al Premier e ai suoi due tutori, riuscendo nell'ardua impresa di convincerli, che il Campo dei miracoli, dove i quattrini si moltiplicano come per magia, resta il frutto della fantasia di un certo Carlo Collodi. Dunque, nella manovra non ci saranno nè la riforma della Legge Fornero, per intenderci la mitica "quota 100", nè il reddito di cittadinanza. Non è un anticipo di Halloween. Non è uno scherzetto. I due architravi della manovra slittano a gennaio (dunque escono dal documento in cui sono solo annunciati) quando (e se) saranno presentati due distinti disegni di legge collegati per la cui approvazione di Camera e Senato, occorreranno non meno di otto mesi. Sempre che, nel frattempo, vengano reperite le coperture finanziarie che, ad oggi, a meno di ingrossare il deficit, non ci sono.
Non basta: oltre alla legge di bilancio gruviera, nonostante il demenziale voto del Consiglio comunale di Torino contro la Tav, che ha scatenato l'ira di tutte le categorie della città, anche il tema infrastrutture, cavallo di battaglia in campagna elettorale del M5s che prometteva di bloccarle si sta dimostrando una Caporetto. Ok all'Ilva dopo una ridicola manfrina a suon di no, ni, so, il decreto Genova ancora nella pancia di Giove, l'inversione ad U sulla Tap.
Tutto il contrario di quanto promesso in campagna elettorale dal partito di maggioranza relativa.
Cominciano ad arrivare i primi segnali di delusione di un elettorato che molto si aspettava da chi molto ha promesso e non sta mantenendo.
I problemi li ha soprattutto il M5s e il suo capo politico che non sembra in grado di determinare alcunchè, in ragione della sua palese incompetenza e incapacità pari solo all'arrogante sicumera che seguita ad ostentare, che deve fare i conti con la frustrazione dei parlamentari, molti dei quali, ad esempio, di votare il giro di vite securitario e xenofobo contenuto nel decreto Salvini non ne vogliono sapere.
Il seguito della vicenda è tutto da scrivere. Di certo c'è che in una tale situazione Matteo Salvini sta giocando al gatto con il topo. Manterrà in vita il governicchio Conte fintantochè i sondaggi gli sorrideranno e, prospettiva non improbabile, fino a quando non gli si presenterà un pretesto per far saltare il banco. Perchè, siccome tra i tanti difetti che ha non c'è la stupidità, è certamente consapevole che,perdurando una simile Cernaia nel governo e nella maggioranza che lo dovrebbe sostenere, non è detto che la sua luna di miele con l'elettorato duri a lungo.
La convivenza di due partiti con mission così diverse potrebbe non reggere e deteriorare i rapporti, già abbastanza tesi, recando danno all' attesa, dirompente crescita elettorale della Lega.
Meglio staccare la spina e, Mattarella permettendo, passare subito all'incasso.