Ad oggi la vicenda Brexit sembra precipitare.
E' in atto un braccio di ferro tra la Premier e il capo dell'opposizione parlamentare nel segno dell'incomunicabilità.
Al primo incontro convocato da Theresa May coi leader delle opposizioni per cercare di trovare una linea comune sulla Brexit dopo la bocciatura ai Comuni dell'accordo raggiunto con l'UE, che la premier Tory ha convocato subito dopo essersi salvata da una mozione di sfiducia, hanno infatti partecipato i vertici di tutti i partiti ma non il laburista Jeremy Corbyn che ha chiesto come precondizione per dialogare l'impegno della premier di escludere ogni ipotesi di divorzio no deal dall'Ue.
"Il popolo britannico - ha risposto May - vuole a larga maggioranza andare avanti e che la Brexit sia attuata. Io credo sia mio dovere rispettare le istruzioni del popolo britannico di lasciare l'Ue e intendo farlo".
May dunque non intende togliere dal tavolo l'ipotesi di una Brexit no deal e anzi sarebbe pronta a schierare i militari nelle strade britanniche con compiti ausiliari nel caso in cui questo scenario divenga realtà.
Il piano prevederebbe l'allertamento di 3.500 fra militari effettivi e della riserva destinati, in presenza del no deal e in caso d'emergenza,ad affiancare le forze dell'ordine di fronte a ipotetiche minacce alla sicurezza, ma anche a dare una mano sul fronte dei servizi sociali, sanitari, doganali e l'import-export di prodotti essenziali.
Corbyn non se ne è dato per inteso e ha rilanciato: se la premier non accetta un compromesso su una nuova proposta di accordo per una Brexit più soft che includa la permanenza del Regno nell'unione doganale, il Labour è pronto a presentare una nuova mozione di sfiducia per arrivare a elezioni anticipate ma anche a valutare l'opzione di "una nuova consultazione pubblica". Ossia d'un referendum bis.
La pensa come Corbyn anche Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, che ha detto che “l’unica opzione credibile” è un altro referendum sulla Brexit. Questo è l’unico modo per evitare qualsiasi possibilità che il Regno Unito esca dall’Ue il 29 marzo senza un accordo. Il governo ha avuto più di due anni e mezzo per elaborare un piano di Brexit realizzabile e ha completamente fallito nel farlo: l’idea che possa farlo ora in poche settimane è farsesca”.
La premier scozzese ha espresso anche un altro concetto: “Sta diventando sempre più chiaro che gli interessi più ampi della Scozia saranno protetti solo con l’indipendenza“.
Si profila dunque un scenario da incubo per il Governo di Sua Maestà
Intanto lunedì 21 gennaio May dovrebbe presentare alla Camera dei Comuni il Piano B sulla Brexit, che il Parlamento britannico dovrà discutere e votare martedì 29. Attualmente l'uscita del Regno Unito da Bruxelles è fissata per il 29 marzo, ma le voci di un probabili rinvio si rincorrono: secondo il Times, i funzionari dell'Unione europea stanno valutando questa opzione per rimandare il divorzio al 2020, dopo che Germania e Francia hanno segnalato la disponibilità a estendere le trattative.
Da Bruxelles è arrivata la smentita del portavoce della Commissione:"Non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di estensione da parte del Regno Unito; se dovessimo riceverla, la richiesta dovrebbe illustrare le ragioni e dovrebbe esserci una decisione unanime dei 27".
Se la situazione non dovesse evolvere e mutare lo spettro del No deal si materializzerà.