EUROPA. LA TEMPESTA IMPERFETTA

Lo strappo tra Governo italiano e Commissione europea consumatosi ieri è l'ultimo atto del precipitare della crisi dell'Unione, che sta entrando nella dimensione di una tempesta, anche se non perfetta, che si protrarrà, con picchi preoccupanti, fino alle elezioni di priamvera.
E'purtroppo entrato in crisi l'architrave politico che ha consentito al vecchio Continente di avere 70 anni di pace e di sviluppo.
Ma oggi occorre essere realisti: è in atto un tentativo, molto serio, di arrestare il processo di attuazione dell'Europa immaginata prima da Turati poi da Spinelli Adenauer, De Gasperi, Spaak e Schumann. Ad oggi perlatro non è dato di capire quando la tempesta avrà fine e soprattutto quale Europa sarà.
Vi sono ragioni lapalissiane che hanno determinato lo stato delle cose: il crollo del sistema delle cosiddete democrazie popolari nell'est europeo, se da un lato ha ridato la libertà a popoli vissuti per decenni sotto il giogo e l'influenza politico economica sovietica, dall'altro ha posto ai paesi fondatori dell'unione di fronte all'inevitabile allargamento che non ha portato un'oncia di beneficio ma anzi ha contibuito a avviare un processo di disgregazione nonchè il rinascere di nazionalismi evidentemente mai sopiti.

Soprattutto in alcuni paesi dell'Europa orientale che hanno inteso e seguitano ad usare l'Europa alla stregua di un bancomat, implementando vorticosamente la propria crescita economica non restuendo tuttavia alcunchè sul piano dell'integrazione, della cooperazione e della solidarietà. Si pensi ai paesi del gruppo di Visegrad (Polonia,Ungheria, Cechia e Slovacchia) che, da soli,costituiscono un formidabile ostacolo per l'attuazione di tali principi.
A posteriori e con il senno del poi si può con qualche ragione affermare che il processo di allargamento è stato gestito con una robusta dose di superficialità e ha finito per rendere l'UE un'entità molto lontana da quella immaginata dei padri fondatori.
La sola unione monetaria, importante ma insufficiente,il vincolo dell'unanimità di tutti gli stati membri per assumere decisioni di natura strategica, il ricorso sempre più frequente di non pochi paesi alla sospensione del trattato di Schengen, la stipula di trattati e al livello più basso di mediazione, l'insussisteza di un  vero spirito europeista che muova dalla piena conspevolezza della necessità di una solida e credibile politica estera comune, sono alcuni tra i principali fattori di debolezza che hanno trovato la inevitabile ricaduta nell'irrisolta e strutturale questione dei migranti liquidata con un trattato, quello di Dublino, redatto con una sconcertante superficialità.
Naturalmente alla base della tempesta concorrono fattori legati all'entrata in crisi delle rappesentanze politiche tradizionali, soprattutto in due dei "paesi locomotiva", Francia e Germania, a scapito dell'avanzata di movimenti di varia natura e di dubbia solidità e, da ultima, la questione Brexit.
In Germania, nel volgere di poco più di un quarto di secolo è andata in frantumi la costruzione tripartitica della ex Bdr. L'unione con la ex DDR, con i problemi di natura economico e sociale che ha comportato, ha visto il sorgere di partiti massimalisti di sinistra, la Pds poi Linke, e, specie nei Lander dell'est, di forze antisistema come l'Afd se non addirittura formazioni di chiara ispirazione nazista, che contestualmente alla impetuosa crescita elettorale dei Verdi (non sbagliamoci, un fenomeno domestico, non esportabile, che affonda le sue radici nella connessione quasi mistica tra la terra tedesca e l’identità etnica) hanno accompagnato l'inevitabile logoramento della Cancelliera Merkel,la flessione del suo partito, la Cdu, ma soprattuuto il crollo (questo si esportabile, trattandosi del partito guida europeo) della Spd che da anni ormai passa da un rovescio elttorale all'altro, incapace di prospettare un rinnovamento di programmi e soprattutto il superamento di leadership opache e supine all'ingombrante patronage politico della Cancelliera.
Il problema leadership, reso fndamentale dall'assetto costituzionale della Quinta repubblica,è alla base della crisi dei due partiti che si sono alternati alla guida della repubblica francese. Il dopo Chirac è stato caratterizzato da due presidenze, Sarkozy e Hollande, che, per ragioni simili, hanno precipitato i due partiti di riferimento, Rpr e Ps, in una crisi di cui non si vede la fine, condannandoli all'irrilevanza. Il sistema elettorale transalpino ha consentito che alla crescita impetuosa del Front nationale di Marine Le Pen e solo la nascita e la clamorosa affermazione di En Marche, il movimento creato da Emmanuel Macron, ha fatto si che non corrispomdesse la conquista dell'Eliseo e un'adeguata rappresentanza in Parlamento e nelle regioni.
Ma di fronte all'inopinato fallimento del Presidente, alle prese con una crisi interna problematica e malgestita a cui corrisponde una fuga di ministri e un crollo di consensi senza precedenti, scarsamente credibile all'esterno per la sua ambigua se non ipocrita gestione del problema immigrazione che lo rende un interlocutore inaffidabile per Italia e Spagna in primis ma anche per i vertici dell'UE, rende in prospettiva una deriva autoritaria nel segno del sovranismo lepenista, certo non inevitabile,considerando gli anticorpi che l'elettorato d'oltralpe ha sempre saputo mostrare nei momenti decisivi, tuttavia probabile.
Infine l'irrisolta questione Brexit che, oltre i disagi e le problematiche che consegna all'Ue, ha in sè il batterio che può provocare il riesplodere della secolare questione nordiralandese che, grazie all'Europa e Schengen sembrava cauterizzata.
Come se tutto ciò non bastasse, dalle prossime settimane e fino al voto di primavera per il rinnovo dell'Europarlamento, si aggirerà per l'Europa lo spettro di The Movement l'appendice continentale della destra americana che conterà tra i suoi componeti la Lega di Salvini, che vestirà i panni del frontman prossimo candidato alla presidenza della Commissione. Un'ulteriore elemento divisivo che ad oggi, sondaggi a sulla COMPOSIZIONE DEL PROSSIMO PARLAMENTO EUROPEO alla mano, non dovrebbe avere un esito favorevole ma che, sempre sondaggi alla mano, sposterà sensibilmente a destra l'asse europeo, con tutte le incognite che ciò comporterà.